Il Self-reporting log (Registri auto-redatti) è uno strumento qualitativo di analisi di usabilità in cui l’utente riporta con sistematicità tutte le azioni, le interazioni e le percezioni che ha con l’interfaccia, nonchè sue eventuali osservazioni.
Questo metodo, poco dispendioso economicamente, coinvolge gli utenti già nella fase di pre-sviluppo e di inizio della progettazione.
Come si fa?
Nel momento in cui si ottiene il prototipo dell’artefatto, lo si mette a disposizione degli utenti partecipanti all’attività, chiedendogli di interagire con esso in autonomia. Durante l’utilizzo, dovranno riportare su di un apposito quaderno, fornitogli a monte, tutte le azioni che hanno effettuato ed i relativi commenti qualora presenti.
Al completamento del test, i quaderni verranno consegnati al ricercatore che analizzerà i report ed individuerà le successive attività di sviluppo. Durante questo test, i ricercatori non intervengono in nessun modo, lasciando agli utenti la massima libertà di interazione con il prototipo.
Perché si utilizza?
Questo strumento è molto utile quando si ha un prototipo dalle funzionalità limitate o con un livello di definizione basso che quindi non consente di condurre una journaled session. Così come per quest’ultimo lo svantaggio è di non poter osservare direttamente l’utente durante l’interazione, perdendo tutti quei dettagli emozionali che si rilevano di persona come ad esempio le espressioni facciali. Inoltre questo tipo di analisi richiede all’utente di interrompere il flusso di interazione per annotare quello che sta facendo. Per queste motivazioni è opportuno usare questo metodo nelle fasi iniziali del progetto o di pre-sviluppo, per verificare che la strada progettuale intrapresa sia corretta.
Cosa si ottiene?
Al termine dell’attività si ottengono dei quaderni di report con le annotazioni degli utenti, questi report andranno rielaborati in maniera opportuna dal team di ricercatori al fine di validare le scelte progettuali intraprese o integrarle.